Il documentarista e commediografo americano e vincitore del premio Oscar 2017 per il miglior documentario con ICARUS, Bryan Fogel, parteciperà al MIA DOC per una conversazione.
Bryan Fogel ha esordito a Hollywood come attore e stand-up comedian. In collaborazione con Sam Wolfson ha sviluppato, scritto e interpretato Jewtopia, una commedia teatrale off-Broadway sulla vita sentimentale di due giovani in cerca di donne ebree. Il 4 agosto 2016 è uscito su Netflix il suo documentario ICARUS con cui si è aggiudicato il premio Oscar.
La storia di Bryan Fogel e del suo documentario ICARUS ha dell’incredibile e ha coinvolto molte più persone di quanto ci si potesse immaginare. Tutto inizia nel 2014: Fogel è un appassionato di ciclismo fin da bambino e il suo eroe era stato fino all’anno prima il ciclista Lance Armstrong, vincitore al Tour de France dal 1998 al 2005. Ad Armstrong nel 2013 furono levati tutti i titoli conquistati per via del doping.
Fogel rimase colpito principalmente da un fatto: Armstrong era un eroe all’epoca che si sottoponeva quotidianamente a decine di test anti-doping. Come era stato possibile che non fosse mai risultato positivo? Per scoprirlo prese una decisione: partecipare alla Haute Route, la più dura competizione ciclistica amatoriale, facendo uso di varie sostanze dopanti, per vedere come e quanto avrebbero migliorato la sua prestazione e scoprire in che modo falsare i test.
In un primo momento ad aiutare il documentarista ci fu Dan Catlin, il fondatore del primo laboratorio di analisi Olimpico UCLA. Tuttavia dopo qualche settimana Catlin si ritirò per un conflitto di interessi. A questo punto entra in scena lo scienziato russo Grigory Radchenkov, direttore del laboratorio anti-doping russo. Dopo un anno e mezzo di preparazione Fogel partecipa alla gara, accorgendosi che il più grande cambiamento sta nella sua capacità di recupero: mentre l’anno prima aveva dovuto compiere un lungo percorso riabilitativo per riprendersi, finita la corsa dichiara addirittura di essere pronto a un’altra settimana di gara.
La storia sembra concludersi, ma si riapre il 9 novembre 2015: un’inchiesta portata avanti dalla WADA conferma l’esistenza di un programma statale di doping portato avanti dalla Russia, a cui ha partecipato lo stesso Radchenkov: lo scandalo rischia di escludere la Russia dai Giochi di Rio 2016. In una delle tante conversazioni Skype fra i due, lo scienziato confida di temere per la sua vita: per aiutare l’amico Fogel gli prende un biglietto per gli Stati Uniti. A questo punto il documentario e la realtà cominciano a fondersi e a cambiarsi di posto: Fogel non porta più avanti un documentario, ma diventa un reporter.
Ne viene fuori un racconto quasi surreale, una cospirazione che coinvolge la Russia, il KGB, lo stesso Putin. Grigory Radchenkov ha portato avanti il più efficace programma di doping della storia, e ne ha le prove. E’ una scoperta talmente sconvolgente che viene portata al New York Times. Il 12 maggio 2016 esce sui giornali tutta la storia. Le ripercussioni sono fortissime: la Russia viene esclusa dalle Olimpiadi Invernali 2018 della Corea del Sud, la sanzione più pesante mai inflitta dal Comitato Olimpico ad una nazione; la vita di Radchenkov è a rischio anche in America, e viene affidato al programma protezione testimoni. Ad oggi di lui non si hanno informazioni.
Foley ha riportato un racconto molto più grande di quanto si aspettasse. E come ha spiegato in varie interviste, avrebbe potuto in ogni momento andare al Comitato Olimpico o in Russia, e farsi pagare per il suo silenzio. O più semplicemente, avrebbe potuto avere paura per la sua incolumità e tirarsi fuori. Ma alla fine ha deciso di andare avanti, per tutti gli atleti puliti del mondo.