I negoziatori europei e britannici hanno raggiunto un accordo di massima per disciplinare la cosiddetta Brexit, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, decisa con il referendum del 23 giugno 2016. Appena verranno resi pubblici i dettagli della bozza d’intesa, si chiariranno alcuni dubbi riguardo al futuro del business dell’audiovisivo tra le due sponde della Manica.
Nel frattempo, i rischi di riduzione degli investimenti, il quesito aperto circa la permanenza della Gran Bretagna nel Mercato unico Europeo e le possibili modifiche alle politiche di immigrazione Britanniche, stanno spingendo numerose aziende a trasferire parte delle loro attività in altri stati dell’Unione Europea, seguendo l’esempio dell’Agenzia Europea del Farmaco, che sposterà la propria sede da Londra ad Amsterdam. Durante le negoziazioni, sono state poste sul tavolo diverse istanze politiche che hanno inevitabilmente provocato tensione tra le parti.
La dinamicità e la competitività internazionale dell’economia britannica in settori importanti come quello dell’industria creativa, tecnologica, delle telecomunicazioni e del turismo, hanno portato alla luce la necessità, da parte delle aziende e delle organizzazioni, di mantenere il regime di libera circolazione delle persone per proteggere uno degli aspetti fondamentali del settore: l’accesso libero ai talenti.
In questo contesto, la Brexit getta un’ombra sull’intero comparto dell’audiovisivo a causa dell’incertezza sulla futura regolamentazione del settore, ma, allo stesso tempo, potrebbe offrire nuove opportunità per riformare il sistema. In ogni caso, il bisogno di dati più certi e di chiarezza su questi problemi sta diventando impellente per le aziende coinvolte nell’industria creativa che dovranno prepararsi a nuove sfide.
L’industria creativa del Regno Unito è senza dubbio una delle più importanti e di maggior peso economico in Europa, coinvolgendo numerosi creatori, produttori, registi e broadcaster internazionali. È un settore in crescita che dà occupazione a circa 3 milioni di persone (9,3% degli occupati in UK) e registra un fatturato complessivo di circa 99.66 miliardi di euro (dati del 2015), interessando quindi sia l’aspetto culturale che quello economico. Per questa ragione, il governo Britannico, prima di iniziare qualsiasi processo decisionale, sta analizzando le possibilità e i rischi che si presenteranno dopo Marzo 2019, soprattutto su tre aspetti principali: i problemi legati alla forza lavoro, la potenziale perdita dei fondi europei, le riduzione delle esportazioni e la futura regolamentazione del settore.
Preoccupazioni sono sorte anche in settori specifici: il futuro della regolazione dei diritti sulla proprietà intellettuale, tra cui il principio europeo del “Paese d’origine”, il diritto del “Modello comunitario non registrato”, i diritti d’autore e le leggi sul Copyright. Attualmente, gran parte della legislazione britannica sulla proprietà intellettuale deriva da direttive UE, quindi potrebbero sorgere dei problemi se le attuali leggi europee non fossero trasferite nella legislazione interna prima che la Brexit diventi effettiva. Allo stesso tempo, il governo britannico e l’OfCom (l’autorità competente e regolatrice indipendente per le società di comunicazione nel Regno Unito), svincolandosi dall’EU’s Audio-Visual Media Services (AVMS), potrebbero trarre benefici dalla ritrovata autonomia politica
Per i settori del cinema, TV, VFX e animazione, queste sfide dipendono direttamente da un’importante decisione: il Regno Unito deve restare nel Mercato Unico Europeo o deve diventare uno “stato terzo” con dei normali accordi di libero commercio regolati dalle leggi dell’Organizzazione Internazionale del Commercio? Su questo punto, con la premessa di facilitare comunque la libera circolazione dei talenti, la Federazione delle industrie creative ha sottolineato nel suo Global trade report di gennaio, il bisogno di assicurare la continuità dei rispettivi benefici derivanti dal libero commercio, di facilitare i processi burocratici e di ridurre al minimo i costi di frontiera tra Gran Bretagna e Unione Europea.
Inoltre, il Report evidenzia la necessità di assicurare un facile accesso al Regno Unito per tutte le professionalità internazionali del settore e, al contempo, libertà di movimento per i professionisti britannici all’interno dell’Unione, per progetti più o meno lunghi.
L’EU Audiovisual e Media Services, da parte sua, ha sottolineato l’importanza di raggiungere un accordo sul commercio che garantisca un facile scambio dei servizi audiovisivi da entrambe le parti. Inoltre, per quanto riguarda la legislazione sul Copyright e sulla circolazione di prodotti audiovisivi, ha chiesto di mantenere la cooperazione con l’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale per assicurare che i diritti siano garantiti in tutto il territorio.
Queste sono solo alcune delle istanze al centro delle negoziazioni tra UK e UE, ma a breve verranno rivelati i dettagli dell’accordo di massima appena raggiunto dalle due parti. In ogni caso, su queste ed altre problematiche inerenti il settore dell’audiovisivo, il MIA continuerà a seguire l’evolversi della situazione perché da sempre attento alle tematiche dell’internazionalizzazione, proponendosi come un luogo di approfondimento e di discussione dei rapporti di coproduzione, come avvenne per il panel dello scorso anno sulla BBC e le nuove sfide del mercato televisivo, cui parteciparono Craig Holleworth, head of business della BBC, e Ben Donald, executive producer di BBC Worldwide.
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