I giovani tendono a limitare l’iscrizione ai servizi di video in streaming al periodo di diffusione di una sola serie tv e a condividere gli account. Ecco i dati forniti da Axios.
È finita la mia serie preferita, non rinnovo l’abbonamento alla piattaforma streaming. È questo il ragionamento che viene seguito da sempre più persone. E la questione crea non poche preoccupazioni alle società del settore. Comprese anche le sette big del settore: Netflix, Amazon, AT&T, Disney+, Apple e Hulu. Con la trasmissione dell’ultima puntata dell’ottava stagione della serie-evento Game of Thrones, anche HBO è coinvolta dal fenomeno. Secondo il sondaggio condotto da Axios/Harris, infatti, il suo portale di video online vedrà un calo del 16% degli iscritti proprio perché non interessati a nessun altro contenuto.
Il problema è stato recentemente analizzato anche da Frank N. Magid and Associates con l’ultimo Video Entertainment Survey, secondo cui la maggior parte degli abbonati alle piattaforme svod programma di annullare l’iscrizione entro sei mesi dalla registrazione. La tendenza risulta essere più accentuata per il pubblico junior che per quello anziano. La percentuale di chi si iscrive con l’intenzione di cancellare il proprio account dopo aver usufruito di un singolo contenuto, nello specifico, è del 50% tra chi appartiene alla generazione Z (i nati tra metà anni Novanta e i primi anni del 2000). Scende al 45% tra i millennials (i nati a cavallo tra anni Ottanta e Novanta). È del 36% tra i membri della generazione X (nati tra gli anni Sessanta e i primi anni Ottanta). Infine, il valore più basso (32%) si registra con i baby boomers (nati tra gli anni Quaranta e Sessanta).
I giovanissimi, dunque, sono campioni in questa modalità di consumo “mordi e fuggi”. Ma sono anche coloro che hanno di più l’abitudine di usare in gruppo uno stesso abbonamento di un servizio di streaming. Nel 2018 il 26% dei millennial e il 27% dei componenti della generazione Z, infatti, ha condiviso la password dei loro account con amici e parenti. Questo alto tasso di adesioni collettive, commenta Frank N. Magid and Associates, sarebbe indicativo del sempre più diffuso modello sociale della “sharing economy”.