Il cinema italiano va alla guerra. E la novità è che le armi sono cambiate. I film in vetrina al MIA, il Mercato dell’Audiovisivo in programma a Roma dal 19 al 23 ottobre, segnalano gusti, generi e caratteristiche diversi.
La commedia, in passato accusata di non riuscire a varcare i confini nazionali perché penalizzata da limiti dialettali e situazioni troppo nostrane, funziona come ai bei tempi. E acquista forza quando, come in Perfetti Sconosciuti (in Spagna Alex de la Iglesia ha appena finito il remake e ora si attende quello americano) riesce ad essere in sintonia con l’aria del tempo. Quindi grande attesa (nella sezione What’s next Italy, dedicata ai compratori europei) per The place, firmato ancora da Paolo Genovese, per Il premio di Alessandro Gassmaan, per Sono tornato di Luca Miniero, remake del successo tedesco I’m back, in cui a riapparire sulla scena politica non è Hitler ma Mussolini.
Ma non finisce qui. L’Italia acquista rilevanza anche in terreni per anni poco battuti: il fantasy, presente con Il libro delle visioni, opera prima di Carlo Shalom Hintermann, e con Il ragazzo invisibile 2 di Gabriele Salvatores, il thriller che vira sul dark con Ride di Jacopo Rondinelli, il dramma con Figlia mia di Laura Bispuri.
Ma al MIA, dove la quota degli accreditati supera quota 1300 e dove sono attesi executives delle più importanti realtà dell’industria mondiale, da Hbo a Bbc, da Channel 4 a Cbs, da Vice a Fox, si avranno assaggi di prossime, importanti imprese. Dal regista di Indivisibili Edoardo De Angelis alle prese con The vice of hope, sulla vicenda di un sacerdote non convenzionale trasferito in una località desolata, ai progetti di coproduzioni presentati da Matteo Garrone e dal brasiliano Walter Salles.
Uno dei problemi da affrontare, spiegano Francesco Rutelli, capo dell’Anica, e Giancarlo Leone, alla guida dell’Apt, riguardo lo star-system, che va rafforzato e ringiovanito: “Servono nomi di attori noti all’estero. Un ottimo esempio è Jasmine Trinca, ma bisogna incrementare”.
Marciano invece benissimo le serie tv, dopo Romanzo Criminale e Suburra, ecco Gheddafi, prodotta da Palomar, Nel nome della Rosa, realizzata da Matteo Levi, L’amica geniale con la regia di Saverio Costanzo, Django e Suspiria che, dopo il remake di Guadagnino, potrebbe avere un supporto seriale.
Su tutto questo clima effervescente il decreto Franceschini, sulle quote di audiovisivo italiano da mandare in onda, pesa come miraggio positivo, ma anche come temibile limitazione: “La legge – dice Rutelli – risolve problemi cruciali come la divaricazione tra autori e industria. I primi, da questo momento, sapranno che è necessario fare un cinema che corrisponda anche a esigenze industriali. Andare in prima serata sui canali Rai significa essere spinti a uscire dalla nicchia. E poi, finalmente, si parla di investimenti e non di assistenza”. Secondo Leone il provvedimento è, invece “perfettibile”. Ovvero: “Le quote di investimenti sono importanti, ma non si possono imbrigliare i produttori con le norme sugli orari di programmazione. E sugli obblighi di trasmissione bisogna trovare forme meno coercitive, che siano vissute come opportunità, non come vincoli”.
Fonte: La Stampa